
Cinque operai nella Innse a Milano su una gru da ormai sette giorni. Da ieri sette operai della ditta Calci Idrate Marcellina (Cim) su una torre alta 37 metri a Marcellina, alla periferia di Roma.
Chiedono che le imprese in cui lavorano non vengano chiuse, che possano continuare a lavorare perché le commesse ci sono. Il lavoro c’è.
Certo che una speculazione edilizia fa più comodo ai proprietari.
Gli operai intervistati non fanno discorsi ideologici, non urlano slogan. Sono molto pragmatici. Parlano di commesse e fatturato.
Quante fabbriche in Italia come la Innse? Quanti posti di lavoro cancellati per aumentare i guadagni di pochi?
Il governo italiano intanto discute di gabbie salariali, vede e vuole un’Italia a due velocità. Ma gli operai di Milano e Roma si parlano al cellulare e dichiarano vicendevolmente solidarietà. Nelle loro voci stanchezza e emozione contagiosa.
Tutti sanno che i salari al sud d’Italia sono già più bassi rispetto al nord. Il fatto è che se si parla di gabbie salariali non c’è modo di parlare di salari bassi ovunque. Non si parla di una distribuzione più equa della ricchezza, dei guadagni.
Obama ha rivendicato compensi più bassi per delegati e dirigenti, e ha detto che è tempo di un nuovo New Deal. E’ tempo di riparlare e ridare diritti e sicurezza.
Ma in Italia il tema della sicurezza gira attorno alle ronde che scoveranno chi non ha un documento e, per legge italiana, è automaticamente un criminale.
Ma questi direbbe il Presidente del Consiglio sono discorsi “deviati”. Deviati dal suo modo di voler far vedere il quadretto della Bell’Italia.
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